“Il pianerottolo”
Lorenzo Hengeller racconta le 10 tracce del suo nuovo lavoro discografico
“Per avere dei gusti bisogna avere un’estetica” (una voce dal pianerottolo...)
Per paradosso, il miope fin da piccolo si prepara ad osservare con maggiore acutezza le cose che ci sono attorno.
Quel bambino ero e sono ancora io.
“Il pianerottolo” è il palco privilegiato per un osservatore miope di storie, fatti, persone, suoni che entrano ed escono da varie porte; osservazioni scritte e raccontate “vista piano”.
“Il pianerottolo” è anche una figura antropomorfa, metà pianoforte e metà napo-austro-ungarico, nata e cresciuta nel centro storico di Napoli, partorita insieme alla mente di David Riondino che ha scritto quasi tutti i testi delle canzoni di questo disco.
Il mio pianerottolo, dunque, è sempre stato il pianoforte, da cui guardo e ho guardato, immaginato storie e tradotto sensazioni attraverso gli 88 condomini: i tasti.
Da soli dicono poco ma messi bene insieme mi hanno sempre dato armonia. È come se io fossi un po' l’amministratore di questo condominio.
Tutte le canzoni di questo disco hanno come punto di partenza idee e convinzioni nate da ragazzo: insomma il pianerottolo è come se fosse il luogo preferito di una specie di “Comunista emotivo”, un po’ agée che pratica la nostalgia come sorridente stato d’animo per stare bene al mondo e che è sereno emotivamente solo se intorno a lui lo sono tutti;
Dunque questo disco è per quelli che si sentono bene se capaci: di sentire i suoni di una festa dal terrazzo di fronte e i rumori della gente che si diverte. Di vedere le persone quando ballano fuori tempo.
Di notare, come nella canzone “Cantieri”, il pensionato che guarda i lavori e la betoniera che gira come un. frappè e pensa che in fondo tutti guardiamo il mondo da un marciapiede e che ognuno il suo cantiere (la propria vita) serenamente vigilerà.
Di essere O’ Scuntroso perché vorrebbe che tutti gli artisti, soprattutto quelli non popolarissimi, fossero rassicurati in punto di morte da una commissione di giornalisti anche loro comunisti emotivi; i quali sono preposti a dire al morituro che gli dedicheranno una pagina di quotidiano oppure un coccodrillo al tg nazionale; questo al fine di vederlo sorridere per un attimo, liberandolo dal dubbio che lo ha attanagliato per tutta la vita e cioè se il pubblico o la critica lo avesse dimenticato oppure no. O’ scuntroso infatti non può ritenere accettabile per un artista, che oltre al danno della morte imminente, e dai dubbi di una vita artistica dai riflettori sempre più tiepidi, ci sia anche la beffa di non sapere (in quanto morto), che invece parleranno di lui al tg oppure sui quotidiani.
Di ascoltare sempre meno Frasi Fatte- quando tutti non useranno più cliché verbali per fingere di saper stare al mondo: quindi auspica una specie di rivoluzione ecologica delle parole, un uso di locuzioni più “green” e non pensate dalla massa; quindi basta con “tanto col treno Napoli Roma è solo un’ora e dieci- augurissimi-work in progress-stay tuned-ciao caro-ciao teso-ciao guys-adoro-non autorizzo facebook-profili official con tre follower-profili unofficial di gente che ha profili official con tre follower- dirsi follower-sono una donna solare-tortino al cioccolato dal cuore caldo-la pasta è buona perché è come la faceva la nonna-a Napoli le case sono tutte di tufo, fresche d’estate e calde d’inverno-questo concerto di stasera potremmo definirlo un viaggio- stasera c’è un evento-citazioni cheap o colte ma sbagliate come:è fidanzata ma tanto non sono geloso-patrimonio dell’Unescu- carpem diem”.
Di origliare dal pianerottolo i diverbi della coppia che vive alla porta di fronte, i “Disaccordi” tra una lei molto, troppo, contemporanea, attivista, dinamica e un lui abulico, apatico, dimesso che pensa di
non reggere il ritmo e la cui unica consolazione è ascoltare il sax di Stefano di Battista che suona in questo brano.
Di ammirare un truffatore di professoresse venete che attraverso un’idea, che a tutti sembrerebbe perdente, decide di fingere di essere “Colin Firth” e spillare soldi alle sdilinquite ma incaute docenti. Del resto, anche io ho sempre pensato che avere idee nella vita come in musica significa tutto; in fondo anche i pipistrelli sono solo dei criceti che hanno avuto un’idea.
Di essere felice di interpretare un brano di Stefano Bollani “la strada verso casa” che racconta di Carosone, di Napoli, dell’amore per il pianoforte e dello scrivere canzoni. Il fatto è che si crea qualcosa che prima non c’era e adesso c’è, e questo prodotto artistico può rendere felici ed emozionare tutti. In ogni caso. Per dirla con Jannacci “Quanta fatica per farsi accettare con le canzoni…”
Di essere ancora felice perché ha capito che i musicisti e i cuochi sono i maggiori responsabili del piacere dell’umanità, così come lo aveva capito bene “Mixed by Erry” che ho immaginato come una specie di Don Raffaè analogico; lui pagherà col carcere la sua attività di falsario musicale romantico e artista per poi essere vendicato dall’arrivo del digitale, dall’mp3 che con spietatezza e cinismo ha rovinato definitivamente l‘industria discografica. Altro che Erry!
Da un pianerottolo all’altro, è stato proprio il giorno in cui mi sono trasferito a Roma che decisi di andare a vedere il film di Sorrentino, quando dallo schermo sento tuonare la frase “Sulo ‘e strunz vanno a Roma!”. E quindi ho pensato eccomi! Tempismo perfetto!
Ma col tempo ho notato che Roma offre cinismo misto ad accoglienza ma anche incontri; e proprio da un incontro a casa di Marisa Laurito che vengo in contatto con questo capolavoro di Fausto Cigliano “Nun me Parlate e chella”. A segnalarmelo è stato Renzo Arbore che mi dice di ascoltare e provare a riarrangiare questa ballad meravigliosa e così è stato. Inoltre, mi racconta che, nonostante la Siae segnali come autore della musica Carlo Alberto Rossi, il brano è di Umberto Boselli, uno dei cosiddetti ragazzi del Vomero degli anni 60’.
Di emozionarsi nel guardare due ragazzi che si baciano davanti al panorama di Napoli, e di come vivono il loro incontro senza riuscire a spiegare quella energia naturale e invisibile che si sprigiona mentre parlano molto seri seduti ad un bar nel “Il Giorno dell’amore”. Talmente avvolti da feromoni allegri che Napoli può diventare Parigi, mescolando la commedia sexy degli anni 70, i film di “chiappa e spada” con le docce della Fenech ma anche con la frase musicale di “un uomo e una donna” di Claude Lelouch.
Di vivere la nostalgia di cose andate nel tempo ma insite dalla nascita, come la lingua napoletana. In “Senza sapè pecchè” dal pianerottolo ho suonato alla porta di Dario Sansone che mi ha mandato questo bellissimo testo che ho musicato.
Lorenzo Hengeller
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